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al testo di Salvatore Pizzo
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Siete nel verso d'un gabbiano che dalla costa voli fino a me; nelle foglie d'ulivo mi siete che la corrente blanda a pelo d'acqua culla incantandomi con l'essermi voi terra promessa: ci penserete mi penserete alata, fremente donandomi tremiti sulla coffa che mi danzate intorno riflesso d'un sole auspicato lucore
... Come si fa che vorrei darti del"tu" ed invece mi ritrovo a darti del "voi"?
Sprofondato nell'abisso, romantico distacco, costretto ad impormelo mi vedo quel "tu"non sentito ch'è notte di plenilunio e sapere vorrei cosa vorrebbe sentirsi dire da me che già truccioli di plancton carboni sfavillanti sull'oceano sdrucciolante lumescenza non le dicano fino a lei volando, luna in cielo rossa rugata di nubi narcisa.
Forse, anche tu querula, vorresti estorcermi quelle due parole due messe in croce e portate in spalla per mille vite: via crucis sempiterno pur di non pronunciarle se non nel segreto d'una lacrima per quanto arrotato a dura ammissione di una resa inammissibile per bocca che sappia d'acqua salata dell'annegare d'ogni giorno
... Ma tu non sei la luna, vero?
Anzi d'un gabbiano mi sei nel verso che dalla costa voli fino a me: nelle foglie d'ulivo mi sei l'argento novello librante sul mare a pelle incanto d'essermi tu terra promessa. Ci penserai mi penserai con ali sfarfallante clamore intorno, riflesso d'un faro agognato nitore. |
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